Policy/Tabacco

Corriere della Sera | La nuova sigaretta elettronica che si fumerà nei luoghi pubblici

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C’è il tabacco ma sarà possibile fumarla al ristorante o al bar e anche farle pubblicità. La “sigaretta elettronica” [ma tale non è, NdR] di nuova generazione deve ancora arrivare sul mercato italiano, lo sbarco è previsto per l’anno prossimo. Ma ancor prima del debutto accende una nuova guerra fra produttori di sigarette classiche e produttori di sigarette elettroniche, che a colpi di lobby si contendono un mercato in difficoltà.

La novità arriva dall’ultima bozza del decreto legislativo sulla tassazione dei tabacchi allo studio del ministero dell’Economia, che potrebbe finire sul tavolo del prossimo Consiglio dei ministri. Dice l’articolo 1 che la sigaretta elettrica di nuova generazione deve essere considerata non come un «prodotto da fumo» ma come un «prodotto da inalazione». Un salto di carreggiata che fa cadere tutti i divieti previsti per i concorrenti. E qui si impone un piccolo approfondimento tecnico.

Per le vecchie sigarette tradizionali vale sia il divieto di fumo nei locali pubblici sia quello di pubblicità. Per le sigarette elettroniche già in commercio, che contengono nicotina ma non tabacco, la situazione è più complessa. Sulla pubblicità, dopo un periodo di divieto assoluto, la linea è stata ammorbidita ma i paletti sono tantissimi. Il divieto di fumo, invece, vale solo per le scuole mentre per i locali pubblici siamo al fai da te: se un ristorante vuole vietarle può farlo ma non c’è nessun obbligo. Per le sigarette elettroniche di nuova generazione, che a differenza di quelle vecchie hanno il tabacco, tutte queste regole cadrebbero in un colpo solo: libertà di fumo e libertà di pubblicità.

La sigaretta elettronica di nuova generazione è la risposta dei produttori tradizionali all’invasione degli «svapatori». A produrla sarà proprio la Philip Morris international che per la sua prima fabbrica in Europa ha fatto una scelta controcorrente: ha scartato la Germania e puntato sulla provincia di Bologna, dove prevede di dare lavoro a 600 persone con un investimento da mezzo miliardo di euro. Un esempio di quei famosi investimenti esteri sempre invocati come medicina per la nostra crisi industriale. Ha pesato anche questo nella scelta di lasciare la nuova sigaretta elettrica fuori dai divieti per i prodotti da fumo?

Chi ci va giù pesante è Massimiliano Mancini, presidente di Confindustria Anafe, l’associazione dei produttori delle sigarette elettroniche adesso in commercio. Dalla novità messa in campo dai rivali, specie se saranno davvero queste le regole, loro rischiano di prendere una mazzata peggiore di quella arrivata con l’aumento delle accise, che nel 2013 ha fatto scendere da 5 mila a 1.600 i punti vendita cancellando 4 mila posti di lavoro: «Quello che preoccupa – dice Mancini – è la totale assenza di trasparenza che c’è dietro certi procedimenti. Con un ruolo pervasivo, che rifugge ogni confronto reale, da parte di burocrazie autoreferenziali».

Fonte: Lorenzo Salvia – Corriere della Sera

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